Dopo 46 anni ha ottenuto una sentenza favorevole che condanna il Ministero della Salute per mancata vigilanza e controlli nelle trasfusioni somministrate nel 1970
Ancora un risarcimento per trasfusioni di sangue non necessarie ed infette. Questa volta la triste vicenda riguarda una donna di Latina che, dopo 46 anni, ha ottenuto una sentenza favorevole che condanna il Ministero della Salute per mancata vigilanza e controlli nelle trasfusioni somministrate nel 1970 all’ospedale Goretti. Il risarcimento riconosciuto è di 101mila euro. Tutto ha inizio nel 1970 quando alla paziente, all’epoca una ragazza di 25 anni, le vennero trasfuse alcune sacche di sangue, accertate come infette da epatite C durante il processo iniziato nel 2012. Nonostante il lungo lasso di tempo trascorso dalle trasfusioni all’inizio della causa, il Tribunale ha accolto la tesi dell’avvocato che ha assistito la donna secondo cui, per provare la relazione causale fra le trasfusioni al Goretti degli anni ’70 e il contagio del virus, non è necessaria la prova certa che i donatori siano stati rintracciati e trovati positivi all’epatite C. Secondo il difensore è invece sufficiente un grado di probabilità pari al 50% quando non sussiste la prova che il contagiato (come nel caso della donna di Latina) abbia avuto comportamenti a rischio di infezione epatica. Nella sentenza il giudice ha infatti affermato che dalla documentazione e della consulenza è emerso che la giovane venne ricoverata nel reparto di Ostetricia e Ginecologia dell’ospedale S. Maria Goretti per partorire e che – si legge nella sentenza – venne sottoposta a due trasfusioni senza fossero esplicitate le ragioni cliniche. Dunque trasfusioni che il tribunale ha ritenuto non necessarie. Il difensore ha già pronto l’appello contro l’importo liquidato perché il risarcimento è inferiore al grave danno riportato dalla donna ritenuta, da una consulenza medica, invalida al 50%. Lazio Tv