G.S. un uomo di Maenza aveva solo 32 anni quando nel 1985 è morto a causa di una cirrosi epatica, lasciando la giovane moglie e 2 figli piccoli.
Ad ucciderlo sono state diverse trasfusioni di sangue somministrate all’uomo fra il 1979 e il 1985 in diversi ospedali fra cui il Santa Maria Goretti di Latina. Eppure di questo fatto incontestabile, il Tribunale non ha tenuto conto dichiarando prescritta la domanda di risarcimento promossa nel 2008 dagli eredi di G.S.
Di diverso avviso è stata invece la Corte di Appello di Roma che ha preliminarmente valutato come non prescritta l’azione giudiziaria firmata dall’avvocato Renato Mattarelli e ammesso la consulenza medica i cui primi risultati sono stati resi noti.
Infatti secondo il medico-legale, la Prof.ssa Rosanna Cecchi dell’Università La Sapienza di Roma, “…esiste nesso di causalità tra le emotrasfusioni cui venne sottoposto nei diversi nosocomi il Signor G.S. fin dal 1979, il contagio e il decesso avvenuto all’età di 32 anni in data …. 1985 per “epatopatia cronica evolutiva, coma epatico e insufficienza cardiaca acuta”.
Ciò significa, dopo quasi 30 anni dalla morte di G.S., gli eredi potranno essere risarciti con una somma ricompresa tra 1milione e 400mila e 1milione e 800mila euro.
A questo punto, la vicenda passa alla decisione della Corte di Appello anche se, indipendentemente da quanto verrà risarcito alla famiglia, l’esito della causa sembra segnato con una vittoria.