Due forature a due pneumatici diversi due giorni prima del delitto ai danni dell’automobile della vittima avevano fatto insospettire i Carabinieri e la stessa Procura della Repubblica.
E, invece, quelle forature furono accidentali, casuali, provocate in una strada di campagna da alcuni sassi. Con questa importante ricostruzione di un gommista di Fondi, Ennio Leggi, è proseguito davanti la Corte d’Assise del Tribunale di Latina il processo per la morte di Ulrico Cappia, l’enologo romano ucciso con un colpo alla nuca e poi dato alle fiamme il 4 settembre 2013 nell’azienda agricola “Monti Cecubi” lungo la provinciale Itri-Sperlonga. La deposizione del gommista di Fondi ha rappresentato un altro punto a favore per la difesa (gli avvocati Mariano Giuliano e Igor Ruggieri) dell’unico inmputato, il bracciante agricolo di 56 anni di Itri, Giuseppe Ruggieri, che – secondo le risultanze investigative del Comando Provinciale di Latina e dell’allora Compagnia di Gaeta – avrebbe ucciso Cappia perché lo considerava il responsabile del suo allontanamento, del suo licenziamento dall’azienda agricola di proprietà del notaio formiano Marciano Schettino. E, invece, i rapporti tra la vittima e Cappia erano buoni, se non eccellenti: l’ha ribadito un cugino di Cappia, Alessandro Alessi di Roma, che aveva avuto dal familiare buone considerazioni sul conto di Ruggieri che, nonostante un passato turbolento e con diversi problemi con la giustizia, era considerato un fedele lavoratore. Davanti la Corte d’Assise del Tribunale di Latina sono comparsi altri testi dell’accusa, due dipendenti di un’azienda di movimentazione terra di Fondi per esempio hanno ammesso di aver saputo dell’arresto e del temperamento di Ruggieri solo in una conversazione carpita in un bar. Il Processo per questo grave e- a quanto pare – misterioso fatto di sangue proseguirà il prossimo 3 marzo quando comincerà l’audizione degli otto testimoni citati dalla difesa. Lazio Tv