L’associazione Libere Idee interviene sulle pesanti conseguenze della manovra finanziaria per i cittadini di Latina, in particolare riguardo la tassazione degli immobili.
«Nel marzo scorso – esordisce Andrea Giansanti, presidente di Libere Idee – lanciammo l’allarme sull’impatto dirompente del Federalismo fiscale per la provincia di Latina e in particolare per il capoluogo. Con l’anticipo dell’entrata in vigore dell’Imu, l’Imposta Municipale Unica, deciso dal governo Monti, il salasso si concretizzerà in una vera e propria mazzata per i contribuenti latinensi. Innanzitutto, l’estensione dell’Imu alla prima casa equivale a un ritorno dell’Ici, con un’aliquota base dello 0,4 per cento che può essere aumentata di un ulteriore 0,2 per cento dai Comuni. Ma tale aliquota si conteggerà sulle rendite rivalutate del 5 per cento e moltiplicate per 160, il che comporta un aumento-monstre degli estimi del 60 per cento. In pratica, rispetto ai valori catastali odierni i contribuenti potrebbero arrivare a pagare oltre l’un per cento l’anno. Le statistiche catastali elaborate dall’Agenzia del Territorio ci dicono che a Latina le abitazioni hanno una dimensione media di oltre 120 metri quadri, decisamente più elevata rispetto a quelle di grandi città come Napoli, Milano o Roma. La motivazione, è evidente, risiede nel minor costo degli immobili, tanto che molti nuclei famigliari del ceto medio dalla Capitale si trasferiscono a Latina per poter vivere in case più grandi e confacenti alle proprie esigenze. Ciò comporta un numero proporzionalmente maggiore di prime case di grandi dimensioni. Le statistiche catastali forniscono infatti anche i numeri concreti dell’allarme: oltre 27 mila abitazioni in tutta la provincia, e quasi seimila nel capoluogo, rischiano di pagare in media fino a 750 euro l’anno di Imu, e altre centinaia di ville, più grandi e catalogate di maggior pregio, potrebbero arrivare addirittura a 2.500 euro pur essendo prime case, qualora il Comune adottasse l’aliquota massima. E parliamo di immobili che sul mercato valgono meno di un piccolo appartamento in zona semicentrale a Roma».
Seconde case, negozi e uffici subiranno penalizzazioni insopportabili.
«Ancora peggio – prosegue Giansanti – per le seconde case, particolarmente diffuse sul nostro territorio, a vocazione turistica in special modo sul litorale. In questo caso l’aliquota base è dello 0,76 per cento, aumentabile di un altro 0,3 per cento. Quindi gli immobili non prima casa saranno tassati in prospettiva dell’1,06 per cento l’anno: ma se teniamo conto della rivalutazione e dell’aumento degli estimi, la percentuale reale è di oltre l’1,78 per cento, senza alcuna detrazione. Restando ai dati di Latina persino la tipologia immobiliare più diffusa, il classico appartamento, rischia di pagare quasi mille euro, per non parlare dei villini che supererebbero quota 1.600 euro o le ville che sfiorano i 5 mila euro annui. Una mazzata specie per chi vive in una città giovane come Latina. Molti latinensi, infatti, hanno ricevuto in eredità la casa di famiglia o l’abitazione dei nonni provenienti da altre località: con una tassazione così gravosa dovranno rinunciare ai propri ricordi e ai legami con i territori di origine, e saranno costretti a vendere l’immobile per non dover pagare imposte esorbitanti. Tutto ciò senza prendere in esame uffici e negozi: con l’aumento degli estimi, le attività commerciali e industriali, già in forte sofferenza a causa della crisi, rischiano di ricevere il colpo di grazia. Sperando che il Parlamento modifichi un provvedimento fortemente iniquo, che non adotta alcun criterio di progressività, riteniamo necessario un forte senso di responsabilità da parte delle Istituzioni locali: chiediamo quindi che il Comune di Latina si impegni sin d’ora ad adottare le aliquote minime, riducendo quelle per la prima casa allo 0,2% e per gli altri immobili allo 0,46%, al fine di non aggravare ulteriormente la situazione di crisi delle famiglie e dei lavoratori, che sul nostro territorio risulta drammaticamente amplificata rispetto al resto d’Italia».