Cara Latina (Littoria), oggi ti scrivo mia amata città perché sono stanco di vederti maltrattata, da chi la vive, da chi la ignora e soprattutto mia bella da chi di te scrive.
Hanno pensato di dirti che sei corrotta e mafiosa, e forse è anche vero. Han detto che su di te il potere e le sue opposizioni hanno messo le mani nell’omertà generale, si forse anche questo è vero, ma di nuovo non vedo che colpa ne hai. Hanno detto che noi, tuoi abitanti, siamo tutti immigrati affamati e delinquenti, lo hanno detto proprio quelli che si commuovono per le tragedie di Lampedusa e vorrebbero accogliere tutti. Han detto che non sei città perché non hai un dialetto, io dico che tu sei Nazione perché ne hai mille. Hanno detto che i nostri nonni erano poveri e ignoranti, ma io da loro ho visto crescere il grano e la terra dare frutto. Hanno detto che qui “Aperol e Suv”, che si vive sopra le possibilità, che corriamo dietro ad un pallone e quello che mi fa più male che non abbiamo eroi. Perdonali Latina (Littoria), che ne sanno loro degli eroi, che ne sanno di cosa è stato vincere la palude e portare il marmo? Cosa ne sanno loro con la loro moleskine di cosa voleva dire trasformare la fanghiglia in terreno da arare? Cosa ne sanno loro, giacca di velluto e snobismo culturale, di te e della tua storia, di un miracolo italiano? Di te loro ridono forte e godono nel violentarti, a volte col cemento altre con la penna, ma non possono nascondere la profonda invidia, l’invidia per te, che nonostante noi, sei ancora giovane e bellissima, in faccia a loro maledette troie.
Con amore tuo per sempre.
Patroclo Neri