Che cos’è la pensione integrativa?
La pensione integrativa, così come dice il termine stesso,
è una forma pensionistica aggiuntiva che volontariamente un
soggetto può decidere di crearsi in aggiunta alla normale pensione
statale.
Può essere generata, ad esempio, creando un
fondo pensionistico, allo scopo di garantirsi un tenore di vita
migliore una volta raggiunta l’età della pensione, quindi al
termine della propria attività lavorativa.
I soggetti
interessati a questa forma di pensione sono tantissimi, dai liberi
professionisti ai dipendenti pubblici e privati, dai consulenti ai
lavoratori atipici. In particolar modo sono i giovani che
sempre più spesso decidono di iniziare a versare del denaro in
questa forma di accantonamento finanziario, perché le prospettive
per una pensione INPS adeguata sono molto spesso disattese.
Inoltre,
si tratta di forme finanziarie deducibili fiscalmente,
vantaggio aggiuntivo in fase di dichiarazione dei redditi. Questo
significa che sarà possibile scaricare dalle tasse fino a 5164
euro nel corso dell’anno solare con la possibilità di pagare
delle tasse inferiori (un po’ come si fa anche per le spese
scolastiche, sanitarie o per il mutuo per l’acquisto della prima casa
o per la sua ristrutturazione).
Le diverse forme di pensione integrativa a disposizione degli italiani
Gli italiani hanno a disposizione diverse tipologie di pensione
integrativa tra cui scegliere.
L’importante è
affidarsi a dei consulenti preparati e capaci che sappiano
consigliare a ogni cliente la formula più idonea e conveniente in
base alle esigenze personali. Troppe volte, infatti, vige una grande
confusione, perciò è bene chiedere più di una consulenza, meglio
se rivolgendosi a figure professionali provenienti da diversi
settori.
È, infatti, possibile sottoscrivere una pensione
integrativa presso diversi istituti finanziari: in banca, in posta,
presso le agenzie assicurative… perciò sarà bene richiedere più
preventivi e studiare con attenzione le diverse caratteristiche e
clausole in essere.
Esistono fondamentalmente tre diversi
tipi di fondo pensione. Nello specifico:
1. Fondi pensione aperti: sono gestiti e creati in totale autonomia da banche, compagnie assicurative, posta o società private di gestione del risparmio;
2. Fondi pensione chiusi: derivano da accorti stretti tra le organizzazioni sindacali e quelle imprenditoriali, perciò sono legati a una specifica categoria lavorativa (es. metalmeccanici, chimici…);
3.
Piani individuali pensionistici (abbreviato con Pip):
sono delle polizze assicurative che vengono liquidate al cliente se
questo, in una certa data preventivamente stabilita, è ancora in
vita. Ci si chiede spesso se il Pip sia sicuro oppure no. Non è
possibile dare una risposta univoca a questa domanda perché tutto
dipende dal profilo di rischio che si è disposti ad assumersi, cioè
da quanto ogni singolo cliente è disposto a rischiare
nell’investimento.
Per profili bassi, dunque, si potrà
optare per piani individuali basati soprattutto sui titoli di stato e
sulle obbligazioni, mentre in caso di piani più spinti si potrà
scegliere un profilo maggiormente azionario. Naturalmente, le rendite
saranno nettamente differenti. Non esiste neppure un momento migliore
in cui cominciare a pagare questa forma pensionistica aggiuntiva.
Logico è che prima si inizia e maggiore sarà il capitale che si
riuscirà a versare e, di conseguenza, più elevata sarà la rendita
finale.
Non si deve sottovalutare, poi, il fatto che
accantonare una certa somma mensilmente facilita la cultura del
risparmio che troppo spesso, ormai, non viene più presa in
considerazione come in passato soprattutto dai giovani.
In generale, il funzionamento di questi tre diversi piani è molto
semplice: si versa a cadenza periodica predefinita una certa cifra
(es. a cadenza mensile o trimestrale) che diventerà poi una somma
aggiuntiva alla pensione fornita dalla previdenza
obbligatoria.
Queste pensioni integrative permettono, in
particolari gravi casi da documentare, anche di ottenere delle
anticipazioni o delle somme in acconto rispetto al
capitale già versato.
I casi in cui è possibile
richiedere questi bonus sono i seguenti:
– Gravi casi di malattia del soggetto che ha stipulato la pensione, del coniuge o dei figli;
– Acquisto o ristrutturazione della prima casa per sé o per i figli;
– Messa in cassa integrazione, mobilità, disoccupazione del contraente.
In alcuni casi particolarmente gravi, poi, è possibile chiedere la restituzione dell’intera somma senza l’applicazione delle penali eventualmente previste (ad esempio in caso di invalidità permanente o mancanza di un lavoro da oltre quattro anni). In caso di morte del soggetto, le somme saranno versate ai beneficiari o agli eredi legittimi indicati dalla legge.
Scegliere la tipologia di pensione integrativa più adatta
Nel momento in cui si decide di stipulare una pensione
integrativa, è necessario fare una serie di valutazioni per non
trovarsi, poi, delusi o addirittura con il rischio di aver acquistato
un prodotto finanziario diverso dalle aspettative.
Innanzitutto,
per la scelta della pensione
integrativa migliore, è consigliabile fare una simulazione della
pensione che si dovrebbe percepire una volta raggiunta l’età
pensionabile, in modo tale da poter calcolare il gap esistente tra lo
stipendio lavorativo percepito e la rendita mensile di cui si
disporrà.
Questo permette di fare una prima valutazione
sull’eventuale cambiamento del tenore di vita personale.
In
secondo luogo, si deve valutare e quantificare la percentuale
dello stipendio che può essere destinata mensilmente al pagamento
del fondo pensionistico. Questo dipende naturalmente dallo
stipendio stesso, dalle spese fisse, dall’eventuale presenza di mutui
o prestiti da restituire e via dicendo.
Affidandosi a un
consulente capace e fidato, si dovrà a questo punto valutare
la linea di investimento da tenere (ad esempio mercato
azionario o obbligazionario) anche in considerazione delle possibili
variazioni di lungo termine che possono influenzare la rendita
ottenibile.
Infine, si dovrà valutare la modalità di
restituzione della somma versata, quella che è comunemente detta
forma di liquidazione. Si tratta, in questo caso, forse, della
scelta che più sta a cuore a ogni cliente.
Consiste in pratica
nel decidere se ottenere la restituzione del capitale e degli
interessi in un’unica formula o sottoforma di rate mensili. In questo
secondo caso, poi, la rendita potrebbe essere vitalizia o di
durata certa (garantita, cioè, per un determinato numero di anni).