E’ finita nel migliore dei modi l’avventura di Vittorio Mironti il giovane archeologo setino costretto a fuggire dalla Libia a causa delle violente sommosse popolari scatenate contro il governo di Gheddafi. Giovedì scorso, in anticipo rispetto al giorno prestabilito per il ritorno – il 4 marzo – Vittorio, assieme agli altri studiosi dell’Università La Sapienza di Roma e a circa cento connazionali, è atterrato a Pratica di Mare a bordo di uno dei due C-130 che l’Aeronautica militare ha messo a disposizione per il rientro degli italiani dalla Libia. Il giovane non ha rilasciato dichiarazione formali ma, a vederlo, sta bene, forse solo un po’ frastornato dal clamore che la sua permanenza in Libia ha scatenato nel centro lepino. Vittorio, ricordiamo, si trovava da tre mesi nella nazione africana, nel deserto del Messak, a 800 km da Tripoli, vicino al confine con l’Algeria. Si trovava lì assieme ad altri studiosi, disegnatori, paleoantropologi, topografi intenti a svolgere la missione Archeologica italo-libica nell’Acaccus e nel Messak. Lontanissimi dalle rivolte non hanno riscontrato alcuna situazione di pericolo. Le uniche difficoltà sono state legate alla mancanza di possibilità di contattare adeguatamente i propri cari a causa della interruzione forzata delle comunicazioni satellitari e di internet. La missione cui ha partecipato Vittorio Mironti rientra nella programmazione annua, organizzata grazie anche alla collaborazione del Dipartimento di Antichità di Tripoli e dell’Eni, nata durante la metà del secolo scorso per studiare l’arte rupestre e l’industria litica presente in maniera consistente nel pese nord africano. Esperienza dal grande valore formativo che, per diversi motivi, resterà ben impressa nella mente del nostro archeologo.
Alessandro Di Norma dal Corriere Pontino del 26 febbraio 2011