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Home Latina

«Cesare ha paura, sa troppe cose sui politici italiani corrotti»

Redazione by Redazione
17 Gennaio 2011
in Latina
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«Cesare ha paura, sa troppe cose sui politici italiani corrotti»
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Parla il fratello di Cesare Battisti. Vincenzo è un uomo di settant’anni, pacato nei gesti e attento nei ragionamenti. Vive da sempre a Sermoneta, nella parte bassa, periferia compresa tra la città caetana e Latina scalo. Ha lavorato fin da piccolo nell’azienda di famiglia producendo segnaletica stradale. Vincenzo è il fratello maggiore di Cesare Battisti, l’ex terrorista oggi al centro di un caso giudiziario dalla proporzioni internazionali. Schietto e senza troppo girarci attorno Vincenzo non esita a scagionare suo fratello dalle accuse per cui è stato condannato. A cominciare dai quattro omicidi, due da esecutore, altri due da complice o organizzatore, commessi quando militava nei Pac, i Proletari armati per il comunismo. «Mio fratello non è un terrorista: è un rivoluzionario. Le due cose sono ben diverse. Durante gli anni di piombo i gruppi sovversivi non combattevano contro il cittadino ma contro lo Stato. Combattevano il capitalismo che stava portando l’Italia allo sfascio. Lo facevano per il popolo credendo di aiutarlo. Quello che oggi mi meraviglia e mi amareggia moltissimo è che gli ex comunisti sono tutti d’accordo sul fatto che mio fratello è un assassino. In quel periodo erano tutti ragazzi che lottavano contro lo Stato. I terroristi erano i fascisti che facevano le stragi indiscriminatamente e questo lo sanno tutti, ma oggi sembra che in quegli anni c’era solo Cesare Battisti che lottava, che uccideva, che rapinava, che comandava, faceva tutto lui e nessun altro. Perché chi ha fatto le stragi nessuno li cerca? – si chiede Vincenzo Battisti – Mio fratello avrà le sue colpe, anche se sono tutte da verificare poiché è sempre stato condannato in contumacia, non ha mai potuto difendersi, ma tutti gli altri ex terroristi che fine hanno fatto? Nessuno – ripete – degli ex compagni si è permesso di dire, d’accordo riportiamo Battisti ma anche gli altri terroristi». Poi continua: «Mio fratello non penso abbia fatto quello che si dice. Lui mi ha sempre negato tutto. È stato condannato perché Pietro Mutti (esponente dei Pac ndr) quando si è pentito, per salvarsi ha dato tutte le colpe a Battisti, perché Cesare non c’era e non si poteva difendere. È stato condannato perché ha testimoniato un pentito. Ma i pentiti sono buoni soltanto per Battisti e per gli altri invece non sono attendibili? Hanno trovato un capro espiatorio che deve pagare per tutti. Prima di scappare dalla Francia, verso il Brasile, mio fratello disse in un’intervista che era disposto a tornare in Italia, ma chiedeva la revisione del processo, voleva parlare, voleva difendersi, voleva dire tutto quello che sa. Forse per questo hanno già cercato di ammazzarlo quando dal Messico tornò in Francia, nel dicembre 1990. I servizi italiani e la gendarmeria francese avevano l’ordine di ammazzarlo. Si salvò – glielo hanno detto poi in carcere – perché un gendarme lo colpì alla testa buttandolo a terra. Mio fratello ha paura perché se torna in Italia lo ammazzano. Sa tante cose dei politici corrotti sia di destra sia di sinistra: per questo non vogliono rivedere il processo, hanno paura. Penso che se mio fratello abbia commesso qualcosa, la sua pena l’ha scontata. È latitante da trent’anni. Ha sofferto la sua vita lontano dagli affetti: è morto nostro fratello maggiore in un incidente di lavoro sull’autostrada ad Anagni nel 1980 mentre lui era in carcere a San Vittore: non l’ha più visto. È morto nostro padre e nostra madre e non ha visto più neanche loro che hanno vissuto la loro vita chiusi nel silenzio del dolore. Mio fratello deve restare in Brasile».

Alessandro Di Norma

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