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Home Latina

La vendetta di “Patatone” per l’autobomba al padre

Redazione by Redazione
22 Febbraio 2011
in Latina
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La vendetta di “Patatone” per l’autobomba al padre
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Sarebbe stato Buonamano ad uccidere Ferdinando Di Silvio a Capoportiere, queste le rivelazioni le Pm sul movente dell’omicidio di via Monte Lupone. Ha parlato per oltre due ore, spiegando le indagini e mettendo in fila, uno dopo l’altro, gli elementi di prova raccolti contro Costantino e Romolo Di Silvio: intercettazioni telefoniche e ambientali, accertamenti tecnici su auto e berretti e spiegando, passo dopo passo, che a sparare non è stato Patatone ma lo zio. Ma il colpo a sorpresa il sostituto procuratore Marco Giancristofaro, titolare dell’indagine sull’omicidio di via Monte Lupone, lo ha sferrato quasi alla fine della lunga requisitoria del processo con il rito abbreviato a carico di Patatone. Un colpo a sorpresa relativo al movente della morte di Fabio Buonamano che finora era rimasto ben nascosto tra le carte dell’accusa. A rivelarlo sarebbe stato Carmine Ciarelli, ascoltato come persona offesa qualche settimana dopo il tentativo di omicidio del quale era stato vittima la mattina del 25 gennaio 2010 al Pantanaccio. Oltre a riconoscere come autore di quei colpi di pistola Gianfranco Fiori, Ciarelli ha raccontato agli investigatori che qualche anno prima Costantino Di Silvio, durante un periodo di detenzione in carcere, aveva saputo che a premere il detonatore che nell’estate 2003 aveva fatto esplodere a Capoportiere l’auto nella quale si trovava Ferdinando Di Silvio (padre di Costantino e fratello di Romolo) era stato Fabio Buonamano. Una ragione più che valida per vendicarsi, seppure a distanza di molti anni. Ma questa non era l’unica questione irrisolta che ha potuto portare ala decisione di eliminare “Bistecca”. Sempre secondo alcune testimonianze raccolte dall’accusa infatti «Buonamano era assillato dagli zingari che gli avevano chiesto di sparare ad un avvocato, parte offesa in un processo per estorsione che si era concluso con la condanna di Costantino Di Silvio. L’uccisione di Buonamano, notoriamente legato a Massimiliamo Moro e al suo gruppo – ha continuato Giancristofaro – era la vendetta per la morte del padre di Costantino e anche per gli spari contro Carmine Ciarelli». Il quadro disegnato ieri in aula dal pubblico ministero racconta dunque di uno scontro criminale in atto nel capoluogo pontino che, superata la fase della contrapposizione tra i Ciarelli e i Di Silvio, vede le due famiglie rom coalizzate per contrastare gli altri gruppi criminali locali i cui leader sono Moro, Santucci e Nardone. In ballo c’è l’acquisizione del controllo degli affari sul territorio, in particolare racket delle estorsioni, usura e spaccio di droga. Per il quale Buonamano è stato eliminato. E per il quale, a conclusione dell’arringa, il pm ha chiesto, anche alla luce delle aggravanti della premeditazione, dei motivi abietti, dell’efferatezza, la condanna all’ergastolo senza alcuna attenuante per Costantino Di Silvio.


Elena Ganelli dal Corriere Pontino del 22 febbraio 2011


Risarcimento da 1 milione e 750mila euro ai familiari

Un milione e 750mila euro di risarcimento danni. Questa la richiesta presentata ieri mattina, subito dopo le conclusioni del pubblico ministero, dal legale della famiglia di Fabio Buonamano, l’avvocato Luigi Pescuma. Era stato lui, all’inizio dell’udienza, a depositare gli atti relativi alla costituzione di parte civile per conto dei genitori e dei fratelli della vittima. Oltre ad associarsi ala richiesta di condanna all’ergastolo avanzata dal pubblico ministero, il legale di parte civile ha sottolineato che l’uccisione di Fabio Buonamano «è stata una vera e propria esecuzione commessa con particolare crudeltà che ha provocato un dolore inimmaginabile ai genitori e ai fratelli». Poi la richiesta di risarcimento danni quantificata complessivamente in un milione e 750mila euro da suddividere tra i genitori e i tre tra fratelli e sorelle di Fabio Buonamano. E se fino ad oggi da parte di colui che ha confessato di essere l’autore dell’omicidio di via Monte Lupone non c’erano state parole di pentimento, ieri pomeriggio a conclusione dell’udienza Patatone, che è detenuto nel carcere di Santa maria Capua Vetere, ha chiesto «perdono alla famiglia e a Dio. Poi è stato portato via dall’aula così come lo zio Romolo che è invece detenuto a Regina Coeli. Per loro una lunga notte di attesa così come il giudice per l’udienza preliminare che è entrato in camera di consiglio ieri sera e che stamattina alle 9 ha emesso la sentenza.

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