Dopo 11 anni è finito ieri il calvario di una giovane donna di Latina che nel 2014 si era sottoposta ad un intervento programmato per frantumare in via endoscopica i calcoli nell’uretere.
L’intervento di routine si è però trasformato in un incubo per la giovane di 35 anni e le sue condizioni di salute sono repentinamente peggiorate con l’infiltrazione dei residui dei calcoli frantumati nella parete interna del canale dell’uretere.
La giovane veniva dimessa dal Goretti di Latina con dolori atroci, versando nei giorni successivi in uno stato di prostrazione psico-fisica che la costringevano a sottoporsi a successivi tre interventi chirurgici di riparazione culminati, dopo oltre due anni, con un reimpianto vescio-ureterale sinistro, presso una struttura specializzata di Grottaferrata.
Nel frattempo la giovane vita della 35enne è stata stravolta con un quotidiano segnato in gran parte da dolore fisico ed emotivo, con perdita del controllo della minzione e per un lungo periodo anche la funzionalità sessuale.
Dopo sei anni dall’inizio della causa civile di risarcimento del danni nei confronti dell’Asl di Latina il Tribunale pontino ha accolto parzialmente le richieste dell’avvocato Renato Mattarelli a cui la giovane si è rivolta condannando l’amministrazione sanitaria a pagare complessivamente circa 35mila euro.
Per la sentenza di ieri (8.09.25) firmata dal giudice Dott. Negro <<…vi è un nesso di causalità materiale tra la inefficace rimozione del calcolo renale, l’infiammazione cronica della parete ureterale sinistra e l’intervento di sezione dell’uretere e reimpianto in vescica con plastica antireflusso a cielo aperto…>>.
Il Tribunale nel condannare l’attività medico-chirurgica dell’ospedale di Latina ha censurato fra l’altro l’indifferenza dell’Asl di Latina che non ha nemmeno partecipato all’incontro obbligatorio per legge al fine di tentare una soluzione bonaria del sinistro sanitario rendendo così necessario il lungo processo di 6 anni.
L’Avv. Mattarelli ha stigmatizzato l’indifferenza dell’amministrazione sanitaria locale nel caso della giovane pontina lamentando che, anche in altri numerosi casi, mai l’Asl di Latina si è presentata (pur avendone obbligo) davanti agli Organismi di Mediazione.
L’avvocato ha aggiunto <<…che questo “menefreghismo istituzionale” è fonte di ulteriore rabbia per chi è stato danneggiato in ospedale e mette “benzina sul fuoco” sulle vicende di malasanità. In particolare sono gli eredi di pazienti deceduti a seguito di errori medico-chirurgici che non accettano la disinvoltura con cui l’Asl di Latina si disinteressa del dolore di chi ha visto morire un proprio caro. Non si chiede – conclude l’avvocato Mattarelli – all’amministrazione sanitaria locale di sedersi al tavolo della mediazione-conciliazione per riconoscere le proprie responsabilità poiché è solo giusto che l’Asl di Latina di difenda e faccia valere le proprie ragioni di fatto e diritto. Quello che si chiede, inutilmente e da tempo, è semplicemente che un rappresentate si sieda davanti ai danneggiati per mostrare loro rispetto e conferire dignità al dolore. Sarà poi il Tribunale ad accertare eventuali responsabilità!….”
Non a caso sono decine le cause che da qui ai prossimi mesi saranno notificate dall’avvocato Mattarelli all’Asl di Latina, proprio perché nessuno si è degnato di sedersi per almeno tentare una conciliazione con gli eredi di diversi deceduti per infezioni ospedaliere in esponenziale aumento in tutta l’Italia con circa 500mila casi l’anno e 19mila morti nel 2023.
Quello della giovane di Latina è pertanto la punta dell’icerbeg di un disinteresse inammissibile da parte della sanità pubblica e rappresenta un problema molto più ampio e complesso che dve far riflettere.