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Home ATTUALITA'

Covid, l’infettivologo Garavelli: “Non si vaccina mai durante un’epidemia”

Redazione by Redazione
22 Marzo 2021
in ATTUALITA'
7
Due giovani agenti delle forze dell’ordine morti dopo vaccino AstraZeneca, scatta l’inchiesta
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Pietro Luigi Garavelli è il primario della Divisione di Malattie Infettive dell’Ospedale Maggiore della Carità di Novara. Intervistato da Affaritaliani.it, l’esperto sostiene che vaccinare durante la pandemia è pericoloso.

Garavelli ha contribuito in questi mesi a curare centinaia di persone dal Covid in terapia domiciliare, usando la tanto vituperata idrossiclorochina insieme a eparina e cortisone. Non è assolutamente contrario ai vaccini, anzi, il primario della Divisione di Malattie Infettive dell’Ospedale Maggiore della Carità di Novara Pietro Luigi Garavelli, dice che “se servisse a debellare il virus sarei pronto anche ad accettare una percentuale di eventi avversi. Il punto è che come lo si sta facendo non ha speranza di essere risolutivo”.

Il lockdown? Così non ha senso

“Il lockdown è una misura di isolamento che serve per patologie da contatto, come l’Ebola. Allo stato attuale delle cose, quando il virus è ormai endemico, un lockdown funzionerebbe se ad esempio avvenisse nello stesso lasso temporale in tutto il  mondo e si vaccinassero contestualmente le persone con un vaccino risolutivo. Il virus Sars Cov 2 è  un patogeno nuovo, che deve trovare la sua collocazione nell’ambiente umano, muta costantemente ma non ha ancora ridotto la sua virulenza, ci vorranno forse anni. In pratica, dobbiamo conviverci, rispettare le misure prudenziali e, oserei dire, curare a casa. Chiudere la società e la vita a tratti, non ha davvero senso. Covid è una patologia respiratoria di una certa importanza ma non si discosta da certe influenze, entrambe hanno forme asintomatiche e pauci sintomatiche nell’80% dei casi, con ospedalizzazione nel 5%, 10% dei colpiti e una mortalità dell’1%. Il problema è la contagiosità: l’influenza stagionale  può colpire una popolazione vaccinata oppure che è già entrata in contatto con i ceppi virali da anni.  I soggetti infettati  sono circa 4 milioni ogni anno. Invece il Covid, essendo un patogeno nuovo, ha possibilità di “sfondare” e colpire milioni e  milioni di persone. Capite che è diverso ospedalizzare il 5% di 4 milioni o di 40…

Cosa significa che è diventato endemico?

È dimostrato che ormai Sars Cov 2 è presente nella popolazione tutto l’anno.  I  portatori sani  sono milioni di italiani. Per cui assistiamo a brevi ondate epidemiche a scadenza di  mesi le une dalle altre, come è normale che avvenga.  E come è normale, muta. Quanto alle varianti, chi cerca trova! Quante migliaia ce ne saranno in questo momento? Non lo sappiamo! Ricordiamoci che è un virus RNA, simile all’HIV, quindi- sotto pressione della nostra risposta immunitaria e dei vaccini- scappa  e muta per sopravvivere. In questa situazione,  a non essere normale è una cosa che si impara al primo anno di specializzazione. Ovvero, non si vaccina mai durante una epidemia. Perché il virus reagirà mutando, producendo varianti e sarà sempre più veloce di noi. Con un virus RNA o si trova un denominatore comune su cui montare il vaccino o, facendo vaccini contro le spike che mutano, non hai speranza di arrivare prima di lui. Lo ricorreremo sempre, ripeto, tende a mutare velocemente.

Le cure domiciliari: meno del 10% dei ricoveri nei soggetti trattati a casa e in tempo

Garavelli, come tanti altri medici, consiglia la cura a casa da mesi. E si apre il solito dibattito sull’idrossiclorochina. “Didier Raoult è forse il il più grande infettivologo al mondo. Lo sottolineo, il migliore al mondo. Ora, avrà un peso la sua presa di posizione a favore di idrossiclorochina? – commenta il primario.  Qui a Novara la abbiamo usata con successo, una mia collaboratrice aveva  come compagno di specializzazione il dottor Savarino di cui ho letto i lavori sull’utilità di idrossiclorochina nel trattamento della Sars. All’inizio la davamo a tutti, poi abbiamo raddrizzato il tiro vedendo che funzionava nelle fasi precoci della malattia. Il mio gruppo di lavoro non attende nemmeno l’esito del tampone, perché si perde tempo prezioso: ai primi sintomi diamo Plaquenil monitorando l’andamento della patologia e la saturazione e proseguiamo per sei, dodici giorni. Poi, aggiungiamo eparina e cortisone. Si può utilizzare  anche azitromicina, ma per me è meno rilevante. I risultati? Meno del 10% dei ricoveri con le persone trattate precocemente. Anche se il dottor Gabriele Gallone, consigliere nazionale della ANAAO, mi ha definito in un certo modo  perché uso idrossiclorochina. Ma la querela  è già  pronta. La cosa che mi conforta è che decine di italiani si stanno rivolgendo a me e ai miei collaboratori di Novara chiedendo lumi sulle cure domiciliari precoci. La gente sta lentamente prendendo coscienza che il Covid si può curare con successo se precocemente trattato. E ringrazio i media che hanno aiutato a diffondere queste notizie. Faccio presente che nelle linee guida cinesi, l’unico farmaco autorizzato è la clorochina. Cosa hanno dato, secondo voi, in India, nei paesi arabi, in Africa?

Cosa ci dice dell’ivermectina?

Ho avuto di recente un confronto con colleghi sudamericani: loro la usano al posto di idrossiclorochina ma a dosaggi molto più elevanti di quanto facciamo noi. Ivermectina in Italia è utilizzata solo dai veterinari, per sverminare i cani, Questo farmaco viene usato negli umani per quattro patologie: scabbia norvegese, filariasi, strongiloidiosi disseminata e oncocerchiasi (cecità dei fiumi). So che è appena terminato uno studio sperimentale supportato da Aifa all’ospedale Sacro Cuore di Negrar di Valpolicella con Ivermectina: ma, anche qui, fondamentale è l’utilizzo nelle prime fasi della malattia.

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Tags: covidPietro Luigi Garavellivaccino
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