Doveva essere ucciso i primi di settembre un agente 50enne della polizia penitenziaria del carcere di Latina: un assalto allo Stato, un colpo di quelli che non passano inosservati. Lo hanno scoperto gli uomini della squadra mobile del capoluogo pontino, che l’altro ieri hanno eseguito 11 ordinanze di custodia cautelare contro esponenti del clan Di Silvio, che a Latina ormai da molti anni hanno il controllo delle più importanti attività criminali. L’attentato alla guardia carceraria, colpevole, secondo i malviventi, perché poco accondiscendente coi detenuti, è stato sventato grazie alle intercettazioni ambientali di conversazioni in lingua rom effettuate nella sala colloqui del carcere di Latina. In quel penitenziario erano infatti detenuti i responsabili di due omicidi commessi a Latina a gennaio, nell’arco di 24 ore, nell’ambito di un feroce controllo del territorio. Dell’agente destinatario dell’attentato i designati sicari conoscevano ormai ogni spostamento ed erano pronti a sparargli sulla strada la sera dopo cena al centro di Latina, mentre il poliziotto portava a spasso il suo cane. Ma c’è di più. I componenti del clan, il cui capo è Carmine Di Silvio, 37 anni, erano pronti ad eseguire una serie di attentati ai danni di due ispettori della questura di Latina nonché del capo della squadra mobile, Cristiano Tatarelli, di cui i malviventi, come scoperto dalle intercettazioni, si apprestavano a bruciare la macchina. Il Questore Nicolò D’Angelo commenta così gli arresti: “Sono soddisfatto del lavoro svolto dai miei uomini anche se l’indagine non è affatto conclusa e sicuramente ci saranno altri sviluppi. I Di Silvio sì, sono stanziati in queste zone da molti anni e col tempo, purtroppo, hanno acquisito un controllo del territorio pressoché globale. Ma faremo di tutto per estipare queste basi ben radicate.” Anche il capo della Mobile, Cristiano Tatarelli ha espresso la sua soddisfazione per gli arresti ma ha voluto sottolineare che il radicamento del clan a Latina è frutto anche di “appoggi” da parte di politici che per tornaconto personale hanno “lasciato correre”.
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