Beni mobili, immobili ed aziende anche in provincia di Latina per un valore complessivo di oltre 38 milioni di euro, sono stati confiscati nell’ambito dell’operazione denominata “Bad Brother” ai fratelli Domenico e Giovanni Dell’Aquila, vicini al clan camorristico Mallardo, Vittorio Emanuele Dell’Aquila e Salvatore Cicatelli, rispettivamente figlio e fiduciario del Giovanni Dell’Aquila, per conto del quale avevano costituito una cellula economica, operante, prevalentemente, nel territorio del basso Lazio.
Passano allo Stato 11 società con sede nella provincia pontina, Napoli, Caserta e Bologna, di cui 3 società edili, una nel commercio di porcellana, 2 concessionarie di auto, 2 nel settore dell’intermediazione immobiliare e 3 nel settore alberghiero e della ristorazione; quote societarie di altre 2 società, operanti sempre nel settore della costruzione di edifici; 68 unità immobiliari tra la provincia di Latina e quelle di Napoli, Caserta, Ferrara e Bologna; 19 tra auto e motoveicoli e 15 rapporti bancari/postali/assicurativi/azioni. Le complesse indagini di polizia economico-finanziaria, avviate nel 2012, hanno consentito di accertare la costante ed inarrestabile ascesa, nella Provincia di Latina, e in quella di Napoli ed in parte in Emilia Romagna, dei fratelli DELL’AQUILA, noti imprenditori campani, attraverso rapporti dai reciproci vantaggi con esponenti di spicco del noto clan di camorra MALLARDO. In particolare, la feroce operatività criminale del clan è stata nel tempo orientata, oltre che al finanziamento del traffico di sostanze stupefacenti, prevalentemente al controllo – realizzato con la partecipazione finanziaria o con la riscossione di quote estorsive – delle attività economiche di rilievo (attività edilizia, appalti pubblici, forniture pubbliche, commercio all’ingrosso).
“A spiegare come opera il clan – fanno sapere dal Comando della Finanza – è un noto pentito che racconta di come gli esponenti dei Mallardo non impongono il pizzo ma entrano “di fatto” in società con gli imprenditori”. La confisca sancita dalla Corte di Appello di Roma costituisce l’ultimo capitolo, salvo ricorsi in Cassazione, di un percorso giudiziario che ha visto il Tribunale di Latina disporre, nel giugno 2013, il sequestro di prevenzione e, nel giugno 2014, la confisca di primo grado, sui stessi beni. Alla base del provvedimento il quadro accusatorio formulato dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Roma, sulla base delle evidenze investigative fornite dal G.I.C.O. (Gruppo Investigazione Criminalità Organizzata) del Nucleo PT di Roma confermato dai giudici che hanno riconosciuto la pericolosità sociale di Domenico, Giovanni e Vittorio Emanuele DELL’AQUILA confermando la sorveglianza speciale, con obbligo di soggiorno nel Comune di loro residenza – con la riduzione della durata da 5 ad 1 anno, in favore di Vittorio Emanuele – sia la sproporzione tra il patrimonio dichiarato e quello a loro riconducibile. Impianto accusatorio che ha portato alla confisca di vero tesoro da oltre 38 milioni di euro. Lazio Tv